Direzione generale per gli archivi

Che differenza c’è tra un archivio e una biblioteca?

A dispetto delle apparenze, le differenze tra archivi e biblioteche sono molto profonde: diverso è il modo in cui nascono e crescono, diverso è il criterio di ordinamento, diverso è il modo in cui in cui si fa ricerca in archivio e in biblioteca.

Una biblioteca nasce perché qualcuno (una persona o una istituzione) decide di acquisire libri su di un determinato argomento o con determinate caratteristiche (mi piacciono i libri gialli, e un po’ per volta costituisco a casa mia una piccola biblioteca di libri gialli; la facoltà di ingegneria acquista per la propria biblioteca i libri che ritiene possano servire a professori e studenti; la biblioteca comunale acquista libri sulla storia locale e così via).

Un archivio, invece, nasce in conseguenza dell’attività di una persona, di un ente pubblico o di un privato (un’impresa, un’associazione, un sindacato, ecc.), perché moltissime attività umane richiedono la produzione e la conservazione di documenti. In altre parole, in genere gli archivi nascono per finalità eminentemente pratiche.

In una biblioteca, i libri possono essere ordinati secondo una varietà di criteri: per materia, per autore, per formato, in ordine di acquisizione e così via. Una biblioteca può anche decidere di cambiare l’ordine dei volumi quante volte vuole: l’importante è che i libri si riescano a ritrovare facilmente; per i lettori, poco importa sapere se prima un libro stava su di uno scaffale in ordine per autore o per materia.

Negli archivi, la situazione è del tutto diversa, perché i documenti vengono sin dall’origine organizzati secondo criteri logico funzionali, da parte del soggetto che crea l’archivio stesso (un’impresa avrà una serie di fascicoli in cui conserva la corrispondenza con i clienti, un’altra in cui conserverà le fatture dei fornitori e le quietanze di pagamento, un’altra serie di fascicoli in cui conserverà i documenti relativi al personale e così via). Tolti dal loro contesto originario, i documenti d’archivio perdono di senso. Prendiamo ad esempio il caso di un Commissariato di polizia: se smembrassimo i fascicoli e mescolassimo le denunce e gli atti d’indagine con i documenti dell’ufficio stranieri, dell’ufficio del personale e dell’ufficio passaporti, alla fine ci troveremmo con un mucchio di carte senza né capo né coda, inutilizzabili. Potremmo ad esempio, trovare una foto tessera e non sapremmo se si tratta della vittima di un delitto o di un ricercato, o magari della foto di qualcuno che ha chiesto il rinnovo del passaporto.

Per questo, uno dei principi fondamentali dell’archivistica è che gli archivi devono essere conservati – ed eventualmente riordinati, se per qualche vicissitudine sono stati disordinati – secondo l’ordinamento che ad essi aveva dato chi ha creato l’archivio. Tale principio è noto come metodo storico.

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